“Li cuntadi’ de lu computer”
Dopo una pausa estiva, lunedì 11 ottobre sono riprese le attività organizzate dal circolo Arci “Il Grillo” di Monsampietro Morico all’interno del progetto RIGENERARCI, finanziato dalla Regione Marche con fondi del Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
L’incontro, che si è svolto con una parte del pubblico in presenza e una parte collegata alla diretta online, era intitolato “Li cuntadi’ de lu computer”, e ha permesso alla comunità di Monsampietro di discutere e riflettere sul metodo di lavoro adottato da alcune grandi multinazionali del settore informatico, e di come queste organizzazioni abbiano radici sorprendentemente vicine.
Ma cosa c’entrano le multinazionali dell’informatica con un piccolo centro rurale dell’entroterra fermano? In che modo la loro organizzazione del lavoro può essere d’ispirazione alla comunità di Monsampietro Morico?
Questa è stata la prima domanda posta ad Andrea Claudi, software engineer di Red Hat, un’azienda che lavora esclusivamente su software “open source”, che significa “aperto”.
La risposta è stata quasi straniante: perché queste aziende lavorano con una modalità collaborativa su un progetto aperto a cui chiunque può contribuire e da cui tutti guadagnano, con principi e valori non diversi da quelli… dei nonni contadini!
Nel corso della chiacchierata, il pubblico ha scoperto che concetti come quello dello “reiutu”, secondo cui le famiglie si aiutavano a vicenda nei lavori della campagna, quello di “fiducia reciproca”, quello di “cura dei beni comuni” e di “condivisione”, che stanno sparendo dalla vita delle comunità sfilacciate dallo spopolamento e da modelli di lavoro estremamente competitivi, in cui l’unica cosa che conta è il profitto, non sono ancora passati di moda, e anzi sono la carta vincente di tante realtà che dalla cooperazione guadagnano non solo miliardi di dollari, ma anche prodotti di alta qualità che dominano il mercato.
Il pubblico ha stabilito facilmente la connessione con i fenomeni e le difficoltà incontrate nella vita di tutti noi: che succede se qualcuno all’interno della comunità fa qualcosa contro la comunità stessa e la danneggia? In che modo il codice sorgente aperto, concepito come bene comune dalla comunità open, viene protetto dallo strapotere delle multinazionali dell’informatica, che potrebbero volersene appropriare per trarne profitto in maniera esclusiva? Perché un cittadino qualunque dovrebbe accettare di lavorare gratis a un progetto comune, mentre ci sono altri che sono pagati per farlo? C’è una responsabilità sociale d’impresa in questo lavoro?
In breve, si tratta di problemi che sono condivisi da realtà così diverse perché accomunate dal concetto di “comunità”: che sia un gruppo di artigiani che si supporta a vicenda, una piccola realtà associativa come un circolo Arci, che sia un paese di qualche migliaio di abitanti o una community composta da milioni di persone, i principi fondanti restano sempre gli stessi: avere dei codici di condotta basati su principi etici condivisi, avere interazioni sociali continuative basate sulla fiducia, strategie di comportamento inclusive e rispettose della diversità, in grado di valorizzare ciò che ciascuno può offrire senza esasperare le mancanze, e prendersi cura di un progetto comune che si immagina non solo come proprio, ma come patrimonio comune da preservare, sviluppare e affidare alle generazioni successive. Che si parli di valori, di patrimonio artistico-culturale, di codice informatico, di ambiente naturale, di relazioni umane, in fondo, non fa differenza.
Il prossimo appuntamento è per lunedì 18 alle 21.15, per discutere di dinamiche di spopolamento ed economia. Ospite Sara Pau, economista e ricercatrice presso l’Università di Cagliari.