PER IL TERZO SETTORE DELLE MARCHE
Gentili candidati alla presidenza della Regione Marche,
vi scriviamo in qualità di promotori del “Manifesto per le Marche solidali”, documento presentato lo scorso dicembre e sottoscritto ad oggi da oltre 70 tra reti associative e organizzazioni di terzo settore.
Il nostro intento è quello di fornire un contributo, una ri essione sul siste- ma marchigiano di politiche sociali, che possa rappresentare in prospetti- va una base di dialogo.
Per fare questo, non si può prescindere da alcuni elementi di evoluzione normativa (riforma del terzo settore e decreti attuativi conseguenti) e da una complessiva dinamica di sviluppo necessaria alla sostenibilità di ser- vizi e progetti da attuare. Tanto è cambiato in tema di sostentamento delle politiche sociali: siamo passati da un sistema in cui il pubblico in esclusiva sosteneva i costi e de niva i criteri e le modalità di erogazione, a dando la gestione al privato sociale, a un sistema nel quale il pubblico ha la “regia” ma non è più l’unico soggetto che de nisce le politiche. Oggi infatti parliamo di “riposizionamento istituzionale” di “co-programmazione e strategie parteci- pate”, tutti questi percorsi determinano le condizioni per sviluppare le poli- tiche sociali della Regione e trovano sintesi nel piano sociale regionale, per provare a sfruttare al meglio le risorse disponibili. Questo prevede di essere in relazione con una serie di soggetti diversi ma complementari. ETS (Enti del Terzo Settore), corpi intermedi e altre rappresentanze assumono quindi un ruolo chiave, che necessita di consapevolezza.
Alcuni di questi elementi sono riportati di seguito, con qualche piccola nota di contesto, con la segnalazione di qualche criticità e in ne con qualche possibile soluzione.
Il “Manifesto per le Marche solidali” è un documento promosso da CSV Marche, Forum regionale terzo settore e dalle reti regionali Acli, Arci, Au- ser e Avis, già sottoscritto da oltre 70 organizzazioni, che, dopo lo stop imposto dalla pandemia, come da programma intendono convocarsi in as- semblea per discutere dei temi valoriali e operativi. Partendo dal bisogno di un’Europa capace di politiche e di programmi che incoraggino e sosten- gano un associazionismo quali cato ed e cace, e dalla certezza che l’Italia saprà superare questa fase di crisi, il manifesto richiama tutti a lottare ogni giorno per a ermare i valori della solidarietà e a condividere l’appello al sen- so di responsabilità.
Anche se, come riportato nel manifesto, “nelle Marche abbiamo la fortuna di avere un insieme di terzo settore che funziona bene; il dialogo è positivo, gli orga- nismi di rappresentanza vengono riconosciuti sia all’interno del TS, sia dalle isti- tuzioni, abbiamo una spiccata propensione alla progettazione di soluzioni efficaci, economicamente sostenibili, spesso sviluppate in rete” è necessario che questo valore sia portato a sistema, è quindi auspicabile costruire un impianto ca- pace di dialogare sulla prospettiva, di rappresentare la visione comune e di
proporre soluzioni condivise. La povertà non si combatte solo con la redi- stribuzione del reddito, ma attraverso politiche di welfare. La riduzione dei ri uti non è solo una strategia di sostenibilità ambientale, ma piuttosto un modello culturale che è parte della nostra storia e deve essere un carattere identitario per tutti noi. Temi che sono anche contenuti nella lettera a voi inviata dall’Università per la Pace e Marche Solidali, soggetti impegnati da anni nella di usione della cultura della Pace e della cooperazione alla soli- darietà internazionale.
Il terzo settore nelle Marche è un sistema coeso e autentico. Fatto di rela- zioni e valori, fatto di storia e di percorsi comuni. Anche se il punto di vista da cui si parte non è per tutti lo stesso, e nonostante alcune visioni siano an- che molto distanti, l’approccio di apertura e la volontà di dialogare, sempre dimostrata dalle istituzioni e in particolare dalla Regione (vedi metodologia nel piano sociale 20/22), ci hanno portato ad avere un sistema che oltre a funzionare bene per l’alto grado di soddisfazione dei bisogni, dimostra di poter lavorare in rete e di essere partecipe quando viene chiamato in causa, sia che si tratti di un’emergenza (alluvione, terremoto e crisi economica), sia quando si tratta di co-programmare o far parte di un comitato di partecipa- zione (sanitario). Per questo chiediamo di essere coinvolti nella costruzio- ne delle risposte ai bisogni, riteniamo necessario un forte coinvolgimento nella programmazione dei fondi comunitari e in particolare chiediamo di prevedere importanti risorse economiche a favore dell’intero sistema di welfare regionale.
A partire dal 2016, con la legge di riforma del terzo settore (Legge 6 giugno 2016, n. 106) e passando per tutti i decreti attuativi no ad ora promulgati, il nostro sistema si è andato via via adattando a un modello già in parte co- struito dalla legge 328 del 2000. Le coordinate del modello che si sta a er- mando, aprono di fatto una nuova stagione di rapporti tra pubblico e non pro t, incidono fortemente sui processi di governance, ampliano lo spettro delle possibilità degli ETS e gli riconoscono un valore non solo concreto o attuativo ma anche di pensiero, attraverso la partecipazione in funzione del- la programmazione e della piani cazione territoriale delle politiche sociali. Questa rivoluzione culturale non può concretizzarsi se viene calata dall’alto, ma richiede un accompagnamento per gli ETS. La riforma oltre a de nire con chiarezza i con ni e le caratteristiche di ogni ETS, mediante il decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore), la costruzione del RUNTS (Registro Unico Nazionale Terzo Settore), interviene anche sul ser- vizio civile universale, sul 5X1000 e dà una nuova veste alle imprese sociali. Lo scorso 26 giugno la Corte Costituzionale ha prodotto la sentenza 131/2020, un documento di fondamentale importanza per chiarire alcuni aspetti interpretativi che riguardano il rapporto tra pubblica amministrazio- ne ed enti del terzo settore alla luce delle indicazioni del d.lgs. 117/2017 (codice del terzo settore), in particolare gli articoli 55 e 56 (co-programma- zione e co-progettazione).
Le novità introdotte in merito alla sussidiarietà nella riforma del terzo settore rappresentano una grande opportunità per ripensare il rapporto tra pubblica amministrazione e terzo settore e costruire insieme percorsi più e cienti e
innovativi a sostegno delle comunità.
La sentenza della Corte Costituzionale, ha fatto chiarezza su alcuni dubbi interpretativi stabilendo che “il rapporto che si instaura tra i soggetti pubblici e gli ETS è alternativo a quello del pro tto e del mercato. La co-program- mazione, la co-progettazione e il partenariato si con gurano come fasi di un procedimento complesso, espressione di un diverso rapporto tra pubblico e privato sociale”. La sentenza chiarisce anche che ciò è in linea e non rappre- senta in alcun modo un con itto con il diritto dell’Unione europea in quanto si ispira a un principio di solidarietà e non di concorrenza.
Date queste premesse oggi per la Regione Marche e per tutte le ammini- strazioni locali diventa fondamentale interrogarsi e rispondere a tale evo- luzione, in primis recependo la riforma e riadattando le leggi regionali di settore attraverso una modalità partecipata. Appare altresì logico sfruttare al massimo le competenze e le risorse rappresentate dal sistema di ter- zo settore, che abbiamo già de nito coeso e strutturato, anche apportando elementi di innovazione come ad esempio il riconoscimento delle compe- tenze acquisite dai volontari (in particolare i giovani) con modalità di appren- dimento informale e non formale. È auspicabile inoltre la creazione di una struttura di formazione permanente per il terzo settore, che possa quali ca- re ancor di più gli interventi di aiuto. Nel prossimo futuro è auspicabile quindi che la nostra Regione sia capace di dare il giusto impulso, sia in termini di visione che di supporto normativo, per rendere possibili percorsi territoriali di co-programmazione e di conseguenza utilizzare sempre di più lo stru- mento della co-progettazione piuttosto che fare ricorso esclusivamente a strumenti, come convenzioni e appalti (spesso al massimo ribasso).
Un altro elemento su cui nel recente passato c’è stato un vivace dibattito e su cui la Riforma del terzo settore si so erma è la VIS (Valutazione di Impatto Sociale). La valutazione quantitativa, la mera stima delle attività fatte, dei destinatari raggiunti o delle ore dedicate, non risponde più all’esigenza di capire come si trasforma una comunità, un target di persone o un territorio. Non è possi- bile oggi de nire le politiche sociali sulla base di informazioni rigide, queste non rispondono alla complessità del mondo reale e spesso generano politi- che sommarie e poco incisive.
Per contro una valutazione più so sticata, ci mette nelle condizioni di os- servare i cambiamenti e orientare le scelte per ottenere i risultati previ- sti. Con il termine “impatto” si fa riferimento ad un concetto che indica un cambiamento/trasformazione di lungo periodo che avviene sulle persone e nelle comunità. Come esplicitato dalla riforma del Terzo settore (art. 7, l. n. 106/2016), per “valutazione di impatto sociale” si intende “la valutazione qualitativa e quantitativa, sul breve, medio e lungo periodo, degli e etti delle attività svolte sulla comunità di riferimento rispetto all’obiettivo individua- to”. Valutare l’impatto signi ca, quindi, rilevare, analizzare e “dare valore” alla trasformazione agita da un’organizzazione del Terzo Settore attraverso le attività realizzate, i servizi erogati o i progetti implementati, rispetto alle di- verse categorie di portatori di interesse e ai portatori di risorse, monetarie e non: dai bene ciari diretti di un intervento ai lavoratori, collaboratori, soci e volontari dell’organizzazione, passando per i nanziatori e i donatori presenti
o futuri, nonché per i soggetti pubblici, no, ovviamente, ai cittadini e alla comunità in senso più ampio.
Adottare lo strumento della VIS (valutazione d’impatto sociale) come me- todologia valutativa sarebbe per la nostra Regione un’innovazione indice della volontà di trasformazione positiva delle comunità. Le “Linee guida per la realizzazione di sistemi di valutazione dell’impatto sociale delle atti- vità svolte dagli enti del Terzo settore” sono state pubblicate nella Gazzetta U ciale n. 214 del 12 settembre 2019.
Uno strumento di cui nel terzo settore regionale sentiamo la necessità è una
piattaforma dedicata esclusivamente al rapporto tra Regione e non pro t.
Un luogo nel quale far emergere in completa trasparenza tutte le innovazioni, i progetti, le attività di questo mondo ricchissimo di iniziativa e il grande sup- porto che la Regione gli ha sempre dato. Info, bandi, formazione, registrazione al Registro Unico del Terzo Settore, un’area riservata dedicata agli ETS a cui accedere con la loro identità digitale, sono solo alcuni semplici esempi della potenzialità di questo strumento che una volta portato a regime renderebbe possibile la condivisione di una mappa delle organizzazioni attive su uno spe- ci co settore attraverso l’attribuzione di tag speci ci, mediante i quali divente- rebbe semplice fare uno scambio di buone prassi o semplicemente mettersi in rete per accedere insieme a nanziamenti o fare progetti europei. Dovrebbe essere un canale di comunicazione diretto tra la Regione e gli ETS operanti, un punto di riferimento che il nostro mondo è in grado di sfrut- tare e dentro il quale fare comunità, advocacy ed elaborare visioni.
Per quanto riguarda il volontariato e la promozione sociale, le ultime rile- vazioni hanno contato circa 1900 organizzazioni di volontariato e 250 di promozione sociale (iscritte al registro regionale) attive nelle Marche, con 45.000 persone attive.
Il primo macro settore di attività è il socio – assistenziale (38% delle Odv), al secondo posto c’è la sanità (19% delle Odv), poi la valorizzazione del pa- trimonio storico artistico e culturale (10%), la tutela dei diritti (7%), la tutela dell’ambiente (6%), la protezione civile (6%), le attività aggregative, ricreative, ludico sportive (6%), l’istruzione (4%) e la tutela e protezione animali (4%). Le ricerche e le indagini condotte evidenziano un quadro che per quanto riguarda le Odv mette in luce una tendenza, soprattutto giovanile, a inter- pretare il volontariato come una forma di partecipazione episodica e legata ad esempio alle emergenze. È necessario dare risposta a questa voglia di partecipare in forma episodica, ma allo stesso tempo di garantire la più am- pia rappresentanza possibile.
Per quanto riguarda la cooperazione sociale, è bene ricordare che questo speci co modello di impresa è protagonista dello sviluppo delle comunità e le cooperative si possono porre come attore di cambiamento nei territori: 315 cooperative, 360 milioni di euro di fatturato, 14.000 lavoratrici e lavo- ratori che aderiscono all’Associazione delle Cooperative Italiane Marchigia- ne. Questo rappresenta la cooperazione sociale marchigiana che dal 1980 gestisce servizi, realizza nidi per l’infanzia e residenze per anziani, inserisce lavoratori svantaggiati, sviluppa competenze e continua innovazione.
La cooperazione sociale coniuga la crescita economica con un aumento del benessere delle comunità nelle quali opera, in particolare per le famiglie, per gli utenti che sono accolti nei suoi servizi e per i lavoratori che quotidia- namente sono impegnati nelle professioni di aiuto.
La grande crisi dell’ultimo decennio, la più profonda mai conosciuta dal mondo capitalista, ha incrementato le disuguaglianze sociali portando all’at- tenzione temi come il lavoro, la povertà estrema e i ussi migratori.
La pandemia del Covid inoltre, ci costringe a una trasformazione che non riguarda il solo aspetto economico, ma che investe l’intera collettività e che deve essere a rontata con un mix di strumenti economici, culturali e sociali la cui elaborazione richiede un pensiero in grado di superare i limiti dell’at- tuale modello di sviluppo in una prospettiva di convivenza civile. Tutelare e rilanciare il welfare collegandolo allo sviluppo locale diventa un fattore de- terminante proprio per rendere la società marchigiana inclusiva e coesa. In questa fase storica di aumento e di erenziazione dei bisogni delle persone, dobbiamo considerare nella loro complessità fenomeni che caratterizze- ranno anche i prossimi decenni: dall’invecchiamento della popolazione, allo spopolamento dei piccoli centri, dall’atomizzazione della società, all’aumen- to dei ussi migratori. Per questo sono necessarie politiche per il contrasto alla povertà, bisogna fare cultura per l’accoglienza, strutturare un welfare per le famiglie e sviluppare l’integrazione sociale, sanitaria ed economica per la promozione della salute.
La cooperazione sociale insieme a tutto il terzo settore è uno degli attori principali delle politiche di welfare, non solo come gestore di servizi, ma quale protagonista impegnato nello sviluppo delle comunità e a realizzare condizioni per una economia basata sulla sostenibilità sociale e ambientale. La cooperazione sociale è agente di cambiamento per un’economia legata ai territori, strumento di inclusione e di riduzione delle disuguaglianze.
Sappiamo che i temi principali che oggi segnalano le cooperative sociali e le loro rappresentanze in sintesi sono volti a:
• Tutelare i diritti dei lavoratori, introdurre un meccanismo di adeguamen- to dei contratti dei servizi educativi sociali, socioassistenziali, sociosanitari e degli altri servizi erogati alle amministrazioni pubbliche dalle organizza- zioni che impiegano lavoratori svantaggiati ai sensi della Legge n. 381 del 1991 e delle rette dei servizi accreditati al rinnovo del contratto collettivo nazionale delle cooperative sociali e delle imprese sociali.
• Ridurre i tempi di pagamento da parte del sistema sanitario regionale: questo tipo d’intervento aiuterebbe le imprese cooperative dal punto di vista nanziario d’esposizione con le banche
• Emanare le linee guida per gli a damenti delle cooperative sociali: per evitare le gare al massimo ribasso e stimolare la co-progettazione
• Ri nanziare urgentemente la legge 34 per le cooperative sociali di inse- rimento lavorativo.
• Sostenere in modo continuativo il sistema della cooperazione mar- chigiana. L’approvazione della Legge regionale n. 5 del 16 aprile 2003, “Provvedimenti per favorire lo sviluppo della cooperazione”, ha aperto
una nuova fase per questo importante settore della società marchigiana. Una fase nella quale la vitalità e lo sviluppo di ampi settori dell’universo cooperativo si incontrano con un forte impegno della Regione Marche nel sostegno ad uno sviluppo quantitativo e qualitativo della cultura e dell’economia cooperativa.
• Aprire tavoli permanenti per la riprogettazione dei servizi: alla luce delle trasformazioni dettate dalla pandemia Covid. Riprogettare i servizi e le modalità d’esecuzione tenendo presente le mutate condizioni ed i costi aggiuntivi per la realizzazione dei servizi.
• De nire un tavolo permanente di confronto con gli enti gestori delle strutture e dei servizi per discutere le politiche sanitarie e socio-sanitarie della Regione Marche.
• Adeguare le tari e (ferme ai primi anni 2000) dei servizi sociosanitari, pre- vedendo anche aumenti temporanei per maggiori costi per DPI e Tamponi e sin da subito fare applicare da tutte le pubbliche amministrazioni i nuovi tari ari (la Regione Marche ha già emanato una speci ca DGR con i nuovi costi del lavoro) delle cooperative sociali (prevedendo un addendum tem- poraneo per i maggiori costi per la sicurezza conseguenti al Covid-19).
Per questo sono urgenti risposte chiare, una programmazione e una vi- sione politica che tenga conto delle di coltà del sistema cooperativo e del valore che questo rappresenta non solo in termini di occupazione ma anche in termini di coesione sociale per le comunità.
Le Marche sono una piccola Regione, molto diversi cata al suo interno tra la dimensione costiera e quella delle aree interne, in cui recenti accadimen- ti, come il terremoto del 2016, hanno dato impulso alla tendenza di spo- polamento. La longevità della popolazione marchigiana e la crisi di alcuni distretti produttivi mettono a dura prova il sistema di welfare. Tutti questi fattori non devono esclusivamente essere fonte di preoccupazione, ma ri- chiedono attenzione e una corretta lettura per essere a rontati. La s da di costruire un sistema di welfare regionale adeguato si gioca mettendo in equilibrio i bisogni con le risorse, le peculiarità (con 9,2 associazioni ogni 10.000 abitanti siamo una tra le regioni con la più alta vocazione al volon- tariato) con le opportunità, in un sistema generativo e partecipato in cui ognuno mette a disposizione le sue risorse per il bene comune. Gli strumenti a nostra disposizione sono diversi ed è dal loro utilizzo competente che po- tremmo ottenere dei risultati.
Certi che le nostre considerazioni potranno esservi utili per una ri essione sul valore del terzo settore, ci rendiamo disponibili a ulteriori approfondimenti.
CSV Marche (Centro Servizi per il Volontariato) – Forum Terzo settore Marche – Acli Marche – Arci Marche – Auser Marche – Avis Marche